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Scudetto bis per l'Urbano


pubblicato il 23/05/2015

I camerunensi Ntsama ed Ewang firmano il successo sul Mater Ecclesiae in una finale combattuta. La Celeste esce a testa alta. Per Minsi e il Collegio di Propaganda Fide č doblete! Festa sul Gianicolo e soddisfazione per il rettore Viva.



 


 


 


  


Pontificio Collegio Urbano - Mater Ecclesiae  2-1


Ruggiscono i Leoni Urbaniani  e la Clericus è nuovamente africana. Mater  Ecclesiae, un argento che vale oro


It's time for Urbano. Di nuovo. Come un anno fa, la Clericus Cup si chiude con festa e balli africani. Il Collegio Urbano è di nuovo campione. Secondo scudetto clericale di fila per i Leoni d'Africa che battono 2-1 il Mater Ecclesiae. Vittoria meritata, anche un po' sofferta, al cospetto di un avversario uscito a testa alta.

I biancogialli, i colori della bandiera vaticana, hanno confermato di essere i più forti.


La finale, giocata sotto un cielo nuvoloso, ha regalato spettacolo sugli spalti con le tifoserie, calorose, una accanto all'altra. I tifosi del Mater Ecclesiae hanno realizzato una coreografia con cartoncini biancocelesti. I sostenitori dell'Urbano hanno appeso striscioni tra cui uno con la scritta profetica "It's time for Urbano". Il "waka-waka" è esploso al termine di una partita combattuta ma non spettacolare. Le emozioni sono state poche e concentrate nel primo tempo. Il Collegio Urbano sembrava aver messo in cassaforte la Coppa con il Saturno dopo i gol dei camerunensi Jean Romeo Nstama e Njikang Ewang. Invece il Mater Ecclesiae ha riaperto la partita allo scadere della prima frazione con il capitano messicano Jesus Daniel Cervantes, rendendo la ripresa incerta. Migliori in campo, proprio i due capitani, numero 10, Ntsama e Cervantes, diversi nelle qualità di gioco, ma entrambi leader delle proprie squadre. Entrambi chiuderanno il torneo con 4  reti all’attivo.


Una squadra schierata in un solido 4-4-2 quella messa in campo dal camerunense Joel Minsi. Il reparto offensivo ha schiacciato per buona parte della gara gli avversari. Vantaggio lampo per i Leoni d'Africa. Dopo appena due minuti l'ugandese Robert Ssekate viene atterrato in area dal camerunense Ngalim. Rigore netto che lo specialista Ntsama trasforma. Un minuto dopo Ssekate ha sui piedi la palla del raddoppio, ma il venezuelano Jonathan Daza non si fa sorprendere dal tiro. Reagisce il Mater Ecclesiae con la punizione di Cervantes che sfiora la traversa. Al 13' punizione di Ntsama, Ewang stacca di testa ma Daza blocca. La risposta della Celeste arriva ancora su punizione, ma il colombiano Juan Carlos Barrios alza troppo la mira. Mister Luciani richiama in panchina padre Oscar O'Turrion, il rettore attaccante del Mater Ecclesiae, con i suoi 47 il più “esperto” in campo. Al suo posto, per dare maggiore velocità alla manovra offensiva, dentro il messicano Juan Pablo Ajala. “Io mi accontento di giocare pochi minuti, per un valore simbolico. Del resto il mio fisico non regge tanto...”, scherza padre Oscar in panchina. I Leoni d'Africa vanno vicini al raddoppio al 20' con Ewang che raccoglie l'assist dell'ugandese Augustine Ssembajjwe e sfiora la traversa. Il raddoppio è nell'aria e lo stesso Ewang, un minuto dopo, aggiusta la mira e batte Daza con un rasoterra. L'Urbano vede spalancarsi per il secondo anno consecutivo le porte del Paradiso. Ma c'è ancora da sudare. Daza al 28' evita il tracollo respingendo in angolo il tiro di Ssembajjwe. E allo scadere del primo tempo il messicano Cervantes riapre a sorpresa la partita con un bel diagonale dal limite dell'area. Si va al riposo sul 2-1.


Il gol trasforma la partita rianimando la Celeste, che aumenta la pressione nella ripresa. Il Collegio Urbano si chiude a difesa del vantaggio. Tattica intelligente: troppo pericoloso sarebbe infatti lasciare spazi agli imprevedibili attaccanti sudamericani. Le occasioni si contano sulle dita di una mano. Non succede niente fino al 19' quando Ayala per poco non beffa il botswano Morris Malila. Al 24' Ssembajjwe ha sui piedi la palla dello scudetto, ma Daza lo ipnotizza e tiene vive, ancora per poco, le speranze del Mater Ecclesiae. La Celeste non riesce però a rendersi più pericolosa e può cominciare la festa urbaniana.


Prima il terzo tempo di preghiera recitata da padre Oscar, che si complimenta con i suoi studenti-compagni e con i vincitori: “Voi avete giocato con tutto il cuore e con la carità. Un esempio di quello che sarà la nostra vita al di fuori del campo”. Mister Leo Luciani è sconsolato: “Ha vinto la squadra più forte, che ha meritato sul campo. Il rigore dopo pochi minuti ci ha stroncato. Hanno anche raddoppiato ma nonostante questo abbiamo reagito, segnando e rimanendo in partita. Abbiamo giocato meglio nella ripresa, ma è andata così. Considerato che siamo partiti da zero il nostro è un ottimo risultato”. E come giusto riconoscimento Luciani si prende il premio di miglior tecnico del 2015. Insieme a lui vengono premiati il capocannoniere con 11 gol Edwin Salnitro, il portiere del Collegio Spagnolo Moreno Sanz e, come miglior giocatore, Richard Dapilah del Sedes Sapientiae.


La festa dei campioni è al ritmo della danza congolese Ya Mado. A consegnare la Coppa con il Saturno al capitano dell'Urbano Nstama è il presidente della Clericus Cup don Alessio Albertini: “Mi auguro che questa esperienza possa servirvi per il vostro cammino nel ministero della Chiesa”. Nstama bacia la coppa: “Dedico la vittoria ai cristiani perseguitati in tutto il mondo e ai miei compagni: ci siamo allenati tanto e bene. La nostra forza è il gruppo. Siamo come una famiglia”. Stesso concetto, quello della famiglia, ribadito da mister Joel Minsi: “Dopo il loro gol abbiamo avuto un po' paura che pareggiassero, ma alla fine ce l'abbiamo fatta. È il secondo scudetto con quasi la stessa formazione, un gruppo che gioca con spirito di fraternità. Il nostro punto forte è la disciplina, e il vivere come una famiglia”. Come festeggeranno i campioni? “Canti, musica, baldoria – promette raggiante monsignor Vincenzo Viva, rettore del Collegio Urbano – Sono molto contento perché i ragazzi giocano un calcio pulito, con il vero spirito del gioco. Come una grande famiglia”.


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