Domenica delle Palme, verso il traguardo della Pasqua. Arriva la supplica del Sedes Sapientiae. I vicecampioni del Mondiale di calcio della Chiesa pregano di squadra. Ha inizio nella Settimana Santa 2020 il campionato della fede.Pur senza pallone, e calcio giocato torna a far sentire la sua voce la Clericus Cup. Lo fa nell’unico modo possibile: nella preghiera e con la preghiera, ovvero il pane quotidiano per i seminaristi e sacerdoti che da 14 anni animano il Mondiale della Chiesa, promosso dal Csi. Ciò accade alla vigilia di un’anomala Settimana Santa, nella Domenica delle Palme. “Pray and Play” c’è scritto nelle maglie 2020 presentate a fine febbraio, prima che l’emergenza Covid 19 stoppasse l’avvio del Mondiale della Chiesa, al solito a 16 squadre. Ora non si gioca fisicamente ma spiritualmente. E le prime suppliche arrivano dal Collegio trasteverino del Sedes Sapientiae, dai vicecampioni del torneo. È l’allenatore dei biancorossi crociati, padre Josefo Juerta, unico sacerdote presente in ogni edizione del torneo giocato nella capitale, a radunare, tenendo le debite distanze, i suoi ragazzi nel seminario prima dell’ invocazione corale.
“Ti chiediamo Signore di fermare questa pandemia – implora il prete messicano - Guarisci gli ammalati e concedi il tuo perdono a quelli che hai disposto che muoiano in questa giornata. Riempi delle tue benedizioni a chi si occupa di curare chi soffre di questa malattia e fa che tutti impariamo a essere migliori fratelli dei nostri fratelli e migliori figli del nostro Padre Celeste”.
Ha inizio così l’unico campionato possibile, quello delle preghiere, la Clericus al tempo del Coronavirus. Qui nessuna classifica, solo un grande gioco di squadra, in nome della fratellanza cristiana, verso il traguardo della Pasqua, sulla scia del respiro di Papa Francesco nella benedizione Urbi et Orbi recitata giorni fa in piazza San Pietro.
“Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa – le parole di Francesco al mondo intero - Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”. Anche la Clericus Cup!